Superblog

Donato Di Ponziano: il golf italiano guardi alla sua salvezza, se serve anche sacrificando la Ryder Cup

Ho ricevuto da Donato Di Ponziano questa analisi della situazione del golf italiano. E’ una lettera lunga ma traboccante di spunti di riflessione. Vale la pena prendersiventi minuti per leggerla, pensare e scrivere un commento in calce al post o cliccando qua. A Donato va il mio ringraziamento.

“Il golf italiano guardi alla sua salvezza, se serve anche sacrificando la Ryder Cup”

di Donato Di Ponziano

Sono tanti gli appassionati golfisti che mi hanno scritto in privato chiedendomi di promuovere una disamina da condividere sullo stato dell’arte del golf italiano. Oggi, ringraziando tutti per la stima e la vicinanza che contraccambio, il tempo costretto a passare in casa, mi agevola quindi a rispondere a tutti facendo qualche riflessione sull’argomento …

Donato Di Ponziano

La pandemia del coronavirus sta cambiando i connotati del panorama sociale e produttivo di tutti i Paesi mondiali. In Italia oggi vengono inesorabilmente al pettine tutti i nodi di una politica con le sue carenze rappresentative. Carenze dovute alla mancanza di spessore dei suoi uomini e delle sue donne, e di conseguenza di un Paese con tanti problemi irrisolti. Per non parlare poi dell’Unione Europea che tutto rappresenta meno che quella coesione di interessi ed intenti per i quali fu fondata. Ogni mondo è paese è una magra consolazione: le altre nazioni non pare che stiano meglio.

Lo stato dell’arte del golf italiano

Partiamo da qui. Ognuno provi con autocritica a guardare alle condizioni del proprio seminato, della propria attività. Ogni dimensione piccola o grande che sia, dovrà presto muoversi su un terreno devastato con tanti cocci da rimettere insieme. Ognuno di noi avrà il compito di contribuire alla ripartenza. Dovremo impegnarci a portare avanti il nostro carro di attività tutti insieme, affrontando il peso di una crisi inaspettata. Inimmaginabile, svisante e stravolgente.

Nella logica quindi che ognuno debba fare la propria parte raccolgo quindi con piacere l’occasione di svolgere una disamina personale dello stato dell’arte del golf italiano. Un mondo a cui ovviamente debbo molto della mia carriera di professionista.

Bisogna dire che il silente e brutale arrivo del coronavirus ha purtroppo già trovato il golf italiano in una situazione di sofferenza.

Quota cento… mila

Per capire i motivi che ci hanno portato fino a qui, dobbiamo fare un piccolo passo indietro.

Dalla fine degli Anni 90 fino a qualche anno dopo il crack della Lehman Brothers del 2008, sostenuti dalla spinta dei consumi, i club di golf riuscirono a ricavarsi uno spazio interessante nel mercato dell’intrattenimento sportivo. Con uno colpo di reni eccezionale, cavalcando motu proprio la crescita economica del Paese, utilizzando i pochi strumenti promozionali a disposizione e magari spingendo qualche numero per eccesso, il movimento nazionale dei praticanti raggiunse il fatidico numero dei 100.000 tesserati, il cosiddetto “zoccolo duro“. Era un obiettivo nella mente di tutti i governi federali succedutisi nel tempo.

Un gran bel pubblico per Francesco Molinari all’Open d’Italia 2017 a Monza (foto Ansa Flavio Lo Scalzo)

Tutti ad esultare, ma sarebbe invece stato meglio considerarlo un semplice risultato con un valore relativo e certamente non meritevole di essere assurto a traguardo.

Infatti, facendo una valutazione attenta ed obbiettiva, ci si sarebbe dovuti fermare a considerare che nello stesso periodo, Paesi dell’Europa continentale avevano raggiunto un numero di giocatori dieci volte superiore al nostro. Francia o Germania avevano sfruttato al meglio le disponibilità economiche a disposizione e sviluppato progetti di diffusione del golf. Persino la Svizzera, con una popolazione di molto inferiore alla nostra sola Lombardia, contava più praticanti di quanto potessimo fare noi.

Non posso vantarmi per averlo sempre scritto sempre, nessun merito per intuire cose ovvie, ma sono dati di fatto.

Comunque, nonostante la sua dimensione contenuta in fatto di numeri, il golf italiano, fino a quel momento, anche se a vele ammainate, era riuscito a navigare, spinto per quanto possibile anche dai miracolosi risultati sportivi dei nostri migliori professionisti e dilettanti in giro per il mondo. Era un passaporto internazionale sempre bello da esibire. C’è anche da considerare che abbiamo sempre chiamato ed auspicato l’arrivo dei campioni e quando poi sono arrivati non siamo riusciti a sfruttarli come avremmo potuto e dovuto.

La crisi del golf italiano inizia nel 2013

Il problema è che poi arrivò la crisi e, senza supporti promozionali solidi e quindi utili a sopperire alla necessità impellente di nuovi giocatori, dal 2013 in poi tutti i club – chi più e chi meno – iniziarono a perdere soci insieme alle quote utili a sostenere il bilancio.

Spinti dall’urgenza di coprire la mancanza di introiti, molti club si lanciarono nel buio del mercato del turismo golfistico internazionale senza metodo. Soprattutto non poterono contare su un’Italia organizzata e venduta in maniera professionale come golfing destination. Come fosse facile entrare in un mondo all’interno del quale, già da oltre 20 anni, molti Paesi che si affacciavano sul Mediterraneo avevano costruito la loro consistente presenza. Ovviamente una competizione impossibile da vincere, se non attraverso grandi strategie di informazione, di investimenti finanziari e di tempo che pochissimi si potevano permettere.

Ricordo il periodo in cui la Federazione sosteneva che il supporto al turismo golfistico non fosse tra i suoi compiti istituzionali. Ah, come sarebbe stato meglio in quel momento che lo fosse diventato!

Sta di fatto che in poco tempo, il movimento golfistico italiano iniziò a perdere giocatori, a lasciare quella posizione conquistata in oltre 100 anni facendo salti mortali! Iniziarono a mancare parte di coloro che incidevano sul mercato dell’attrezzatura, sulle iscrizioni alle gare, sull’interesse degli sponsor, sui green fee nazionali e sulle lezioni dei maestri. Una botta sul collo del business in generale.

E poi arriva la Ryder Cup 2022

In questo scenario – dove i segnali negativi non potevano essere equivocati – entra in maniera direi inaspettata e prepotente la Ryder Cup nel 2022 a Roma.

Da subito mi chiesi come il presidente federale, Professor Franco Chimenti, fosse riuscito a convincere i responsabili del board del torneo ad inserire uno degli eventi sportivi più importanti al mondo all’interno della fotografia ancora in bianco e nero del golf italiano. Ho fatto parte di quel direttivo per cinque edizioni, in Europa e negli Stati Uniti. Conoscendo il peso specifico di un risultato così – peraltro facilmente intuibile anche senza tanta esperienza – quanto ottenuto rappresentava un’operazione di grande valore relazionale, politico/sportivo. Una incredibile opportunità per il nostro golf italiano.

Un bravo urlato a squarciagola in quel momento era sicuramente meritato.

Tutti però come impazziti, tutti subito ad esultare come in preda ad un’euforia quasi drogata. Qualcosa che con lo sport ed ancor di più con il golf, aveva poco a che fare. Specialmente a competizione in fondo ancora da iniziare, quando i risultati ancora dovevano essere acquisiti. Nacquero nuove commissioni, nuovi comitati, fecero la loro apparizione personaggi e personaggetti che non solo la Ryder non sapevano cosa fosse, ma ignoravano persino l’esistenza del golf .

Qualcuno diede i numeri…

Qualcuno iniziò persino a dare i numeri. Sarebbero nati in pochi anni centinaia e centinaia di migliaia di nuovi golfisti. L’Italia avrebbe vissuto l’invasione di una caterva di milioni di turisti con la sacca in spalla. La nostra economia nazionale ne avrebbe giovato senza limiti. Persino il Pil sarebbe cresciuto in maniera significativa. Una marea di inutili dichiarazioni al vento, anzi direi anche un errore strategico, perché alla fine le chiacchiere stanno sempre a zero.

La Ryder Cup, il trofeo più ambito da ogni giocatore

Oggi infatti rileviamo solo che il numero dei golfisti nostrani è invece sceso rispetto ai giorni delle euforie. Il famoso “zoccolo duro” si è di nuovo allontanato. I turisti golfisti ancora non si sono visti. Rileviamo più che mai come oggi il golf italiano sia impopolare agli occhi dei più e che mai nella sua centenaria esistenza era assurto agli onori delle cronache come uno sport che approfittava di finanziamenti pubblici. Nessuno è in grado di fare miracoli. Nessuno ha la bacchetta magica. Tutti però possono stare con i piedi per terra quando è il momento di farlo.

Di seguito venni a conoscenza degli impegni sottoscritti dalla FIG con le garanzie economiche assicurate agli inglesi di Ryder Cup Europe Ltd che ammontavano più e meno a circa 160 milioni di euro (la cifra più alta mai destinata nella sua storia ad una edizione europea del torneo). Dentro c’erano i finanziamenti a fondo perso da parte del governo e garanzie fideiussorie per la copertura delle spese, l’acquisizione di sponsor e accessori vari.

Dalla Merkel a Renzi e Lotti

I poveri italiani erano riusciti a conquistare la Ryder Cup sottraendola persino ai ricchi tedeschi che avevano alzato le mani. La Merkel era stata lapidaria con i suoi: se la Ryder Cup si fosse fatta in Germania, il suo governo conservatore cristiano democratico non avrebbe elargito un solo euro per l’organizzazione del torneo. Questo anche se buona parte dei soldi sarebbero stati garantiti dal gruppo già formato di aziende private di casa formato da Bmw, Sap, Allianz e Hugo Boss. Niente da fare: non bastava. Non era quello il momento: secondo lei l’economia tedesca stava soffrendo e non se lo poteva permettere.

Mille giorni alla Ryder Cup 2022: il manifesto

Al contrario, i nostri impavidi Renzi con il fidato Lotti, avevano deciso di far saltare il banco, mettendo sul tavolo un bel pacco di soldi degli italiani. Avevano scelto di vincere la partita dell’aggiudicazione del torneo accogliendo il rilancio degli inglesi.
Da una parte, in quel momento, sulla carta, se fossimo stati in grado di sfruttare al meglio il suo potenziale di richiamo costruito in quasi un secolo di esistenza, la Ryder Cup avrebbe certamente fruttato un buon ritorno. Dall’altra invece era già certo ed inequivocabile che Ryder Cup Europe Ltd si sarebbe messa in tasca una bella quantità di euro. Denaro utile per rimpinguare i montepremi destinati ai suoi giocatori e all’organizzazione del torneo.

Comunque, dal momento dell’aggiudicazione in poi, era ovvio che l’organizzazione della Ryder Cup avrebbe monopolizzato, fagocitato, e alla fine penalizzato per carenze di fondi, buona parte dell’attività federale di base come la promozione, l’attività tecnica e quant’altro collegato. Persino il centro tecnico federale di Sutri, costruito anche con i soldi del CONI, e quindi degli italiani, avrebbe pianto la mancanza del sostegno utile alla sua valorizzazione. Sarebbe stato inevitabile quindi che i “tesoretti” virtuosi accumulati nel tempo dai passati governi federali, sarebbero andati a soddisfare le straordinarie necessità di risorse finanziarie che avrebbe comportato la nuova avventura.

Tra un sand iron e un driver…

Poi si sa, quando si chiama la politica a sostenerti economicamente, devi pagare lo scotto di dover far salire sul carro anche chi ha l’unico obiettivo di sedersi davanti al piatto ricco mi ci ficco. Nel caso nostro quindi ti devi trasportare nel viaggio anche coloro che non sono in grado neanche di riconoscere un driver da un sand iron. Figuriamoci  comprendere e valorizzare il potenziale a tutti i livelli di un torneo come la Ryder Cup.

Lavori in corso al “Marco Simone”.

Come parte di un balletto aritmico hanno iniziato quindi ad apparire in questi anni una quantità di figure che con il golf nulla hanno a che fare.Vi garantisco: loro saranno pronte a sparire se qualcosa non dovesse andare bene in corso d’opera. Sicuramente subito dopo quando il piatto sarà ben svuotato. Vedrete, come d’incanto sparirà il loro trasporto sentimentale per l’ancient game !

Conoscendo Chimenti per averci lavorato insieme una quindicina d’anni, sono certo che questo sia nella sua consapevolezza di uomo intelligente. Non posso credere che non lo abbia messo in conto. Quindi ne deduco che la Ryder Cup in Italia, a Roma, valga per lui il rischio di soccombere sotto il peso di un progetto oggettivamente molto ambizioso. Un progetto gravoso forse più di quanto possa caricarsi sulle spalle il golf italiano e forse al di là di quanto si riuscirà a portare a casa. Orgoglio, ambizione, lungimiranza, azzardo: mai come in questo caso sembra che Roma valga ben una messa !

Covid 19 ha travolto tutto

Ma oggi lo scenario in tutto il mondo è destinato a cambiare l’ordine delle cose, anzi è già cambiato. Il peso tremendo e soffocante dell’avvento nella nostra vita del Covid 19, ha stravolto tutto.

In Italia, le federazioni sportive nazionali erano pronte per indire le nuove elezioni che invece andranno al prossimo anno. I presidenti ed i consiglieri federali si stavano già adoperando per essere rieletti. Coloro che aspiravano a conquistare nuove poltrone erano pronti per partire alla ricerca di voti. Il consueto quadriennale balletto elettorale era iniziato e quanto tutto questo avrebbe portato alla preparazione di nuovi progetti utili, per il momento non è possibile verificare.

Ma di punto in bianco tutto fermo. Quantomeno tutto posticipato. E’ arrivato un nuovo maestro d’orchestra invisibile che obbliga a suonare una musica che mai avremmo voluto ascoltare: le Olimpiadi di Tokyo sono state spostate il prossimo anno. Così sarà per la scadenza delle elezioni federali. Molto probabilmente la Ryder Cup slitterà al 2021. Non credo proprio che a Whistling Straits si riuscirà a giocare. Non penso che gli Stati Uniti riusciranno ad organizzare un torneo così importante dopo una tragedia nazionale che avrà fatto migliaia di morti. Escludo che il torneo si possa giocare a porte chiuse.

E’ quindi è quasi certo che la Ryder Cup a Roma si debba giocare un anno dopo rispetto alla sua programmazione. Cioè nel 2023.

Le domande vengono spontanee

A questo punto, facendo un ragionamento consequenziale, le domande vengono spontanee: se gli ipotetici frutti di quell’immane investimento che il golf italiano e gli italiani hanno destinato all’organizzazione delle Ryder Cup a Roma deve essere posticipato di un ulteriore anno, saremo in grado di tollerare economicamente il ritardo?

Sicuramente cambieranno i parametri economici del torneo (in ogni caso gli eventi sportivi che necessitano di investimenti economici così importanti, già sono diventati anacronistici rispetto alle risorse che si riescono a mettere insieme). Non è il caso che per una tragedia così importante (e non credo si debba spiegare e convincere nessuno) ci si interroghi se non sia il caso di alzarsi dal tavolo della Ryder Cup ? Non è il caso di fermarsi e destinare le risorse per rimettere insieme i cocci di quello che sarà il golf italiano post coronavirus?

La tappa al Teatro Regio di Parma della Ryder Cup nella RoadToRome

Il presidente federale avrà di nuovo la motivazione e la forza di mettere insieme un nuovo gruppo di lavoro qualificato per il quadriennio più importante dell’esistenza del golf italiano?

Come sempre le risposte andranno ad incidere sul futuro del nostro movimento sportivo e sugli imprenditori che hanno voluto credere nel golf. Quindi oggi più che mai la concretezza, i contenuti e l’impegno indefesso degli uomini e delle donne dovranno essere i requisiti indispensabili.

Mai come questo momento si può dire che i tempi sono cambiati e bisognerà fare di più.

Ringrazio chi avrà avuto l’attenzione e la voglia di leggermi fino in fondo in questa lunga analisi. E’ una fotografia obiettiva del nostro golf ed una base da cui far nascere le vostre valutazioni.

Ce la faremo.

Golfando sui social:
La pagina Facebook
– La community (iscriviti al gruppo)

http://golfando.tgcom24.it/2020/03/29/ilgolfciunisce-coronavirus

Exit mobile version